Inverni troppo caldi, gelate primaverili, eventi meteorologici estremi sempre più frequenti non piacciono e non fanno bene alle api. “Mai come quest’anno – commenta il titolare Andrea Bianco – stiamo osservando da vicino i danni all’apicoltura e alla produzione di miele causati dai cambiamenti climatici, che rappresentano ormai un pericolo più grande di pesticidi e diserbanti.”
La stagione invernale scorsa è stata caratterizzata da una durata più breve e temperature più alte della media. Per le api questo si traduce in circa trenta giorni di “lavoro” in più, che ne compromettono la salute.
Le ripetute gelate primaverili e gli eventi estremi a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi – grandinate, bombe d’acqua e siccità – hanno interrotto la fioritura di molte piante, da cui dipende la produzione di miele.
In particolare, “la gelata tra il 6 e l’8 aprile – spiega Andrea Bianco – ha condizionato tutta la stagione, fermando le fioriture primaverili in corso, come il ciliegio e il tarassaco, e gelando le gemme dell’acacia e delle piante di montagna tra i 600 e i 1000 metri. Un evento estremo che ha compromesso mesi di fioriture e comportato gravi difficoltà e costi aggiuntivi nella gestione delle api.”
Infatti, quando la temperatura scende sotto i 10°C le api “incrociano le zampe”. Se le api non volano, non solo non svolgono la funzione di impollinatrici, ma non raccolgono neanche il nettare necessario al loro nutrimento e alla produzione di miele.
In gran parte di Italia il freddo anomalo di aprile e maggio ha reso quindi necessario alimentare le api negli alveari con “biberon” per mantenerle in vita, in attesa che le temperature tornassero nella media e consentissero il volo e l’alimentazione autonoma.
Inverni troppo caldi, gelate primaverili, eventi meteorologici estremi sempre più frequenti non piacciono e non fanno bene alle api. “Mai come quest’anno – commenta il titolare Andrea Bianco – stiamo osservando da vicino i danni all’apicoltura e alla produzione di miele causati dai cambiamenti climatici, che rappresentano ormai un pericolo più grande di pesticidi e diserbanti.”
La stagione invernale scorsa è stata caratterizzata da una durata più breve e temperature più alte della media. Per le api questo si traduce in circa trenta giorni di “lavoro” in più, che ne compromettono la salute.
Le ripetute gelate primaverili e gli eventi estremi a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi – grandinate, bombe d’acqua e siccità – hanno interrotto la fioritura di molte piante, da cui dipende la produzione di miele.
In particolare, “la gelata tra il 6 e l’8 aprile – spiega Andrea Bianco – ha condizionato tutta la stagione, fermando le fioriture primaverili in corso, come il ciliegio e il tarassaco, e gelando le gemme dell’acacia e delle piante di montagna tra i 600 e i 1000 metri. Un evento estremo che ha compromesso mesi di fioriture e comportato gravi difficoltà e costi aggiuntivi nella gestione delle api.”
Infatti, quando la temperatura scende sotto i 10°C le api “incrociano le zampe”. Se le api non volano, non solo non svolgono la funzione di impollinatrici, ma non raccolgono neanche il nettare necessario al loro nutrimento e alla produzione di miele.
In gran parte di Italia il freddo anomalo di aprile e maggio ha reso quindi necessario alimentare le api negli alveari con “biberon” per mantenerle in vita, in attesa che le temperature tornassero nella media e consentissero il volo e l’alimentazione autonoma.